Der Blick, der ans eine Schöne sich verliert, ist ein sabbatischer. Er rettet am Gegenstand etwas von der Ruhe seines Schöpfungstages. […] Fast könnte man sagen, daß vom Tempo, der Geduld und Ausdauer des Verweilens beim Einzelnen, Wahrheit selber abhängt.

Lo sguardo che si perde nella bellezza di un singolo oggetto è uno sguardo sabbatico. Esso salva nell'oggetto un po' della quiete del giorno in cui è stato creato. […] Si potrebbe quasi dire che la verità stessa dipende dal contegno, dalla pazienza e assiduità con cui si indugia presso quel singolo oggetto.

Theodor W. Adorno

lunedì 29 novembre 2010

Dany Vescovi


senza titolo, 2010, tecniche miste su lino, 100x80 cm
courtesy l’artista

La rappresentazione botanica suscita l’interesse degli artisti fin dai tempi più antichi  dalle tombe egizie agli erbari medioevali  e può vantare nomi della statura di Leonardo e Dürer tra i propri fautori, ma è soprattutto in Pierre-Joseph Redouté (1759-1840), meglio conosciuto con lo pseudonimo di “Raffaello dei fiori”, che si suole identificare l’apice dell’arte dell’illustrazione floreale. Gli artisti contemporanei, invece, sembrano avere preso via via le distanze da questo genere di raffigurazione, considerata spesso solo un vacuo esercizio di stile per “pittori della domenica”.
Dany Vescovi riporta i fiori sulla tela costruendo una propria poetica originale in completa controtendenza.
Il fiore è dipinto con accuratezza iperrealistica  dimostrando una padronanza tecnica degna dei maestri della tradizione  al fine di esaltarne le caratteristiche cromatiche e formali. Diversamente da quanto potrebbe apparire, l’artista non ha alcun interesse per gli aspetti botanico-scientifici dei soggetti dei propri quadri. L’elemento floreale è un pretesto per poter “fare pittura” nel senso più puro ed essenziale del termine. Nel 1948, Gillo Dorfles  critico, filosofo e pittore  fondò con altri artisti il Movimento per l’Arte Concreta (MAC), definendola una forma d’arte «basata soltanto sulla realizzazione e sull’oggettivazione delle intuizioni dell’artista, rese in concrete immagini di forma-colore, lontane da ogni significato simbolico, da ogni astrazione formale, e mirante a cogliere solo quei ritmi, quelle cadenze, quegli accordi, di cui è ricco il mondo dei colori».

Alla fine, quel che rimane delle opere di Dany Vescovi non è tanto lo specifico fiore  il pretesto, appunto , quanto piuttosto l’incredibile energia della pittura, sprigionata dai ritmi, dalle cadenze, e dagli accordi di forme e colori, proprio come nelle parole di Dorfles, a dispetto della distanza cronologica e, ancor più, poetico-formale che separa le sue opere da quelle realizzate in seno al MAC.
L’interferenza tra figure geometriche elementari e forme naturali  delineate con precisione fotografica  crea un’unione armonica, sorretta dalla solidità del colore saturo e da un impianto rigoroso.

L’artista combina pittura figurativa e astrattismo geometrico in composizioni dal forte dinamismo. L’immagine floreale sembra scomporsi e poi ricomporsi all’infinito nelle partizioni verticali del dipinto, come fossero fotogrammi in sequenza rapida, quasi un ricordo dei primi esperimenti dell’inglese Muybridge sull’immagine in movimento (Eadweard Muybridge, fotografo, Kingston upon Thames, 1830-1904). La luce sembra danzare sulla tela seguendo il percorso dei fotogrammi, segnato dall’alternarsi di quadranti accessi e spenti, sulla base di una progressione tonale armonica insolita, come nella musica jazz. E nell’insieme di trasposizioni ascendenti o discendenti ci sembra davvero di sentirlo, lo swing, la pulsazione ritmica jazzistica, elastica e scandita in maniera ineguale. 


***testo pubblicato in GIDM n. 4, vol. 30, dicembre 2010***