Der Blick, der ans eine Schöne sich verliert, ist ein sabbatischer. Er rettet am Gegenstand etwas von der Ruhe seines Schöpfungstages. […] Fast könnte man sagen, daß vom Tempo, der Geduld und Ausdauer des Verweilens beim Einzelnen, Wahrheit selber abhängt.

Lo sguardo che si perde nella bellezza di un singolo oggetto è uno sguardo sabbatico. Esso salva nell'oggetto un po' della quiete del giorno in cui è stato creato. […] Si potrebbe quasi dire che la verità stessa dipende dal contegno, dalla pazienza e assiduità con cui si indugia presso quel singolo oggetto.

Theodor W. Adorno

giovedì 21 maggio 2015

Primavera siciliana a Düsseldorf



Daniele Franzella, Dell'inutilità, della disciplina e delle cose che ci sembrano importanti, 2015
Courtesy the artist



Daniele Franzella. Chronik der Stadt Ur
Atelier am Eck, in Himmelgeister Straße 107
8. - 17. Mai 2015

Diego Ruggiero und José Florentino
Vögel und Bäume. Laissez mes armée être les rochers et les arbres, et les oiseaux dans le ciel
SITTart Galerie im Küstler-Atelierhaus
9. - 31. Mai 2015

Questo maggio a Düsseldorf sono sbocciate le zagare, con due mostre di artisti siciliani, entrambe a cura del palermitano Alessandro Pinto.

Il 7 maggio ha inaugurato all’Atelier am Eck una personale di Daniele Franzella a coronamento di un mese di residenza effettuata nell’ambito del Premio Fam Giovani 2014 organizzato dalle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento (FAM) in collaborazione con il Verein Düsseldorf Palermo e. V. e con il Comune di Düsseldorf, Assessorato alla Cultura.

Il titolo, Cronache della città di Ur, rimanda a racconti sepolti sotto la terra e secoli di storia. Tuttavia quelle che ci troviamo di fronte sembrano piuttosto memorie di un passato vicino, anche se ormai, a cento anni esatti dall’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, restano sempre meno testimoni diretti di quei fatti.

Il cuore della mostra è un impressionante arazzo in lattice color ocra, al centro del quale campeggia un bassorilievo raffigurante un battaglione di alpini immortalato in una fotografia storica di archivio. Viene spontaneo accostare questo “reperto moderno” all’antico stendardo di Ur, un pannello ligneo intarsiato di epoca sumera (oggi conservato al British Museum) che raffigura su un lato un banchetto, interpretato come simbolo di pace, e su quello opposto un esercito, interpretato come simbolo di guerra. Nell’opera di Franzella queste due facce opposte sono unificate. Il drappo pende come una pelle d’orso, senza speranza e senza forza. Gli alpini appaiono come i soldati di un esercito di argilla, anonimo nel suo complesso a causa della sua “uniformità‟ cromatica, ma in cui è riconoscibile l’individualità di ogni volto, al di sopra della “uniforme” militare. Franzella spiega di aver scelto di lavorare con il lattice per poter ottenere lo stesso effetto materico e lo stesso colore della pelle umana: il colore della pelle umana viva, come il ricordo qui rievocato.

Poco distante, in alto e ben visibile su una parete arretrata, come un simbolo araldico dell’esposizione, è appesa una bandiera tricolore di cemento, in cui i tre colori sono stati sostituiti da tre tonalità di grigio. La bandiera si trasforma dunque da aereo vessillo a pesante zavorra. I suoi colori sbiaditi, che non consentono di attribuirle una patria precisa, sembrano suggerire la sua inutilità ovvero la sua universalità simbolica. In realtà ha un solo colore: il colore pallido di un cadavere. La bandiera, la nazione che spinge alla guerra i suoi figli, muore nelle trincee. Ai piedi della bandiera morta, scolorita e anonima, 98 sculture in terracotta, ordinatamente allineate come croci in un cimitero militare, dove però la croce, contro ogni ipocrisia moralistica, è sostituita dalla forma totemica delle prime mine antiuomo, figure rachitiche e ossute come astragali, usati in antichità nel gioco degli aliossi.

Attorno a questi due lavori installativi principali, ruotano poi una serie di lavori, per così dire minori, che come reperti archeologici presentano sia una cronistoria, reale e insieme immaginaria, di una guerra antica e di una civiltà scomparsa, sia il processo creativo che ha portato alla mostra stessa. Esteticamente l’allestimento deve molto all’Arte Povera: non drammatizza i fatti, ma lascia alla forza dei materiali il compito di suggerire la storia che custodiscono.

La seconda mostra siciliana è invece leggera come chi viaggia senza fardelli. Sia il palermitano Diego Ruggiero sia il portoghese José Florentino, palermitano d’adozione, sono due Globe-trotter o, meglio, due Sea-trotter, come racconta Alessandro Pinto nel discorso di apertura dell’esposizione. Il curatore spiega infatti come sia stato complicato organizzare l’evento, non potendo contattare né localizzare con facilità i due artisti, sempre in viaggio per mare. Tant’è che la sera dell’inaugurazione è presente solo Florentino, mentre Ruggiero si trova su qualche nave al largo delle coste maltesi.

Le opere esposte sembrano aver assorbito dai propri autori il senso di transitorietà di chi è sempre sul punto di salpare: un allestimento ridotto all’indispensabile e improntato alla provvisorietà; un medium, la fotografia stampata su carta, che non necessita obbligatoriamente di un atelier né di ingombranti strumenti di lavoro; soggetti lievi come gli uccelli, nel caso di Ruggiero, e le fronde degli alberi, per Florentino.

Gli obbiettivi di entrambe le macchine fotografiche sono rivolti al cielo, alle geometrie e trame che in esso disegnano, rispettivamente, il volo degli uccelli e le chiome degli alberi osservate dal basso verso l’alto. Tanto poco basta a catturare i nostri occhi e a sedurli con la semplice poesia che scaturisce dalla natura. La poesia, scriveva P. B. Shelley, «trasforma tutto ciò che tocca, e tutte le forme che si muovono entro lo splendore della sua presenza, grazie a una meravigliosa solidarietà, vengono incarnate nello spirito che essa respira. [Essa] toglie la pellicola della familiarità del mondo e scopre la nuda e sonnolenta bellezza che è lo spirito delle sue forme». Lo stesso ha fatto qui la fotografia.

***versione italiana dell'articolo pubblicato in tedesco su
Trylon.de, 18 maggio 2015***


Daniele Franzella, vista dell'installazione presso Atelier Am Eck
Courtesy the artist

Daniele Franzella, vista della mostra presso Atelier Am Eck
Courtesy the artist

Daniele Franzella, dettaglio dell'opera esposta presso Atelier Am Eck
Courtesy the artist

José Florentino
Courtesy the artist

José Florentino
Courtesy the artist

Diego Ruggiero
Courtesy the artist

Diego Ruggiero
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Diego Ruggiero e José Florentino, vista della mostra presso SITTart Galerie
Courtesy the artists