Katja Davar, The Stage The Plot, 2012 animazione H/D, bianco e nero, senza sonoro, 2:35 min. Courtesy l'artista e galerie Kadel Willborn, Düsseldorf |
Nele Waldert, Mann mit Glasblasen, 2009 gesso sintetico e vetro, 74x22x22 cm Courtesy l'artista |
(scroll down for English version)
Milano
22 maggio 2014. EFFEARTE
raddoppia
l'ultimo appuntamento della stagione con due personali delle artiste
Katja
Davar
e
Nele
Waldert.
Le due mostre Katja
Davar. Lettura di un'onda, prima
personale dell'artista in Italia,
e Nele
Waldert. Della dissimulazione onesta,
seppure inaugurate e ospitate contemporaneamente negli spazi della
galleria, sono autonome sia nell'allestimento sia nel concept.
Entrambe attive nel cuore della regione renana,
rispettivamente a Colonia e a Düsseldorf, e pressoché coetanee,
Katja
Davar
e Nele
Waldert
sviluppano tuttavia ricerche dai presupposti e dagli esiti
completamente differenti.
Katja Davar, Grammar, 2010 animazione H/D, bianco e nero, senza sonoro, 2:43 min. Courtesy l'artista e galerie Kadel Willborn, Düsseldorf |
Katja
Davar (Londra,
1968) vive e lavora tra
Londra e Colonia. Le sue opere
rispecchiano, con la loro complessità compositiva, l'elevato grado
di approfondimento teorico da cui muovono. I suoi “paesaggi
virtuali” sono
il risultato di un'originale
ricerca che combina un
vedutismo di
matrice classica e orientale;
il potenziale estetico della più recente grafica statistica e della
moderna logica diagrammatica; e l'interesse, in parte stimolato dalle
origini iraniane della sua famiglia, per le primigenie forme di
scrittura prealfabetica, con particolare riguardo alla tradizione
cuneiforme dell'antica Mesopotamia.
Katja Davar, World debt in all its glory, 2014 matita e grafite su tela, 140x230 cm Courtesy l'artista e galerie Kadel Willborn, Düsseldorf |
A
una scrupolosa ricerca storico-filologica l'artista affianca un
metodo di lavoro altrettanto meticoloso: si affida esclusivamente al
disegno a mano (utilizzando solo matita e china su carta o tela,
appositamente levigata con carta abrasiva) oppure a matrici da lei
stessa realizzate, che le consentono di reiterare indefinitamente lo
stesso motivo simbolico in fitte trame decorative. La medesima
perizia tecnica si ritrova anche nelle video-animazioni, dove i
singoli disegni, modellati con raffinati strumenti digitali, si
trasformano in oggetti tridimensionali in movimento, accurati e
poetici.
Katja Davar, Breath on the Mirror, 2014 matita e grafite su tela, 40x50 cm Courtesy l'artista e galerie Kadel Willborn, Düsseldorf |
Lettura
di un'onda
è
il
titolo del primo, paradigmatico capitolo di Palomar
(1983), l'ultimo libro di Italo Calvino. Il signor Palomar è «un
personaggio in cerca di un'armonia in mezzo a un mondo tutto
dilaniamenti e stridori» e, per trovarla, tenta di descrivere, con
precisione quasi maniacale, ogni singolo fenomeno naturale o sociale
che attiri il suo interesse conoscitivo. Sebbene impostata secondo i
rigorosi dettami del moderno metodo scientifico-matematico, al quale
il signor Palomar si ispira e di cui subisce il fascino, senza
tuttavia poterne o volerne padroneggiare tutti i risvolti, questa
personale lettura del mondo ha esiti principalmente lirici.
L'atteggiamento di Palomar – in ciò risiede l'affinità con la
proposta di Katja Davar – rievoca una dimensione ibrida, a cavallo
tra scienza e poesia, tra scienza e arte, già tipica
dell'epoca rinascimentale ed elisabettiana.
Katja Davar, Sun My Compass, 2014 matita e grafite su tela, 170x140 cm Courtesy l'artista e galerie Kadel Willborn, Düsseldorf |
Come
ha messo in luce la storiografa
britannica
Frances Yates, il progetto scientifico moderno è sorto quando le
discipline matematiche si sono emancipate dalla cultura tardo
cinquecentesca, orientata al nascente metodo galileiano, ma ancora
impregnata di ermetismo e neoplatonismo, con i loro tradizionali
correlati: esoterismo, magia e alchimia, occultismo, cabala e
astrologia. Non vigendo ancora una netta distinzione tra scientiae
e
artes,
queste pratiche conoscitive, come attestano molti pionieri delle
scienze esatte – tra cui Cartesio nel Discorso
sul metodo
(1637) e Francis Bacon nel Novum
organum
(1620) –, erano chiamate curiosae
scientiae,
un concetto che ci sembra definire nel migliore dei modi sia il gesto
letterario di Palomar sia la ricerca artistica di Katja Davar.
Nele Waldert, Mann lehnt, 2014 cartapesta, alabastro gessoso, legno di platano, 63x35x70 cm Courtesy l'artista |
Nele
Waldert (Düsseldorf,
1964) vive e lavora a Düsseldorf. Della
dissimulazione
onesta
è la sua seconda personale in Italia. Le opere di Nele Waldert sono
sculture di piccole e medie dimensioni, realizzate con i materiali
più disparati.
Quasi tutte le lavorazioni avvengono direttamente nel suo atelier,
mentre per altre (come
la
cottura di determinate terracotte e ceramiche o la soffiatura del
vetro)
ricorre
a laboratori esterni; solo in rari casi commissiona produzioni
particolari ad artigiani esperti.
Nele Waldert, Männer mit Glockenblumen, 2009 gesso sintetico, polistirene, vetro, 67x15x80 cm Courtesy l'artista |
Il
fulcro della sua ricerca è il tentativo, in continua evoluzione e
forse giunto finalmente a compimento, di trovare un essere umano
“modello”, l'uomo standard: volto inespressivo; tratti somatici
privi di età e provenienza geografica; sessualità incerta. Il
risultato è un singolare essere a cavallo tra l'antenato ermafrodita
biblico o platonico e l'odierno uomo qualunque, anonimo,
globalizzato, erede del
sujet
o citoyen
universale
teorizzato
dagli illuministi.
Spesso questa ricerca di neutralità rende tali soggetti lievemente
inquietanti, esseri alieni o addirittura alienati. Questo turbamento
è minore dinnanzi alle figure animali, poiché, per stessa
ammissione dell'artista, sono più facilmente standardizzabili in
quanto non occorre neutralizzarvi (nel doppio senso di «eliminare»
e «rendere neutra») una psicologia complessa e fortemente
individualizzata.
Nele Waldert, Hand mit Schaf, 2007 gesso sintetico, 14x10x23 cm Courtesy l'artista |
Come
nella statuaria greca arcaica, i “ragazzi” di Nele Waldert hanno
un'impostazione frontale, le braccia accostate al corpo e un sorriso
indecifrabile: kouroi
privati
dell'ideale atletico e della valenza edificante. Inoltre,
mentre nel
kouros
e nella kore
il cosiddetto «sorriso arcaico» è imputabile a limiti tecnici e a
una mancanza d'interesse per l'analisi introspettiva, nelle sculture
in mostra, all'opposto, è l'esito consapevole di un processo che
elide proprio quel bisogno di verità e di scavo interiore che
connota la successiva
ritrattistica
occidentale e la storia della fisionomica.
Nele Waldert, Cherryman, 2013 gesso sintetico e vetro, 65x17x11 cm Courtesy l'artista |
Benché
collocati in situazioni bizzarre e improbabili,
i personalissimi
kouroi
di Nele Waldert, grazie alla loro atarassia
espressiva, diventano inconsapevolmente i migliori esponenti della
dissimulazione
onesta:
il contegno cui lo scrittore napoletano Torquato Accetto dedicò nel
1641 l'importante trattato che dà il titolo alla mostra. «La
dissimulazione», secondo la sua definizione, «è una industria di
non far veder le cose come sono. Si simula quello che non è, si
dissimula quello ch'è». Nella loro quieta imperturbabilità,
«tollerando, tacendo, aspettando», le piccole sculture dell'artista
renana non reagiscono, perché
«in
questa vita non sempre si ha da esser di cuor trasparente» e, grazie
a questa raffinata dissimulazione, riescono a entrare in sintonia con
tutti gli spettatori.
Katja Davar. Lettura di un'onda
Nele Waldert. Della dissimulazione onesta
a cura di Veronica Liotti
inaugurazione 22 maggio 2014 h 18.30
EFFEARTE
via Ausonio 1/a | via De Amicis 47, Milano
dal 23 maggio al 12 settembre 2014
link to:
(English version)
Milan,
May 22nd,
2014. EFFEARTE gallery doubles the last event of the season with two
solo shows by the artists Katja Davar and Nele Waldert. The two
exhibitions Katja
Davar. Lettura di un'onda
[Reading
a wave]
and
Nele
Waldert. Della dissimulazione onesta [On Honest Dissimulation],
although opened at the same time and hosted in the same space, are
independent both for the installation and the concept. Both, Katja
Davar
and Nele
Waldert,
live and work in the heart of the Rhineland, respectively in Cologne
and in Düsseldorf, and belong to a similar generation, but they
develop experimentations differing completely in purpose and in
results.
*
* *
Katja
Davar
(London, 1968) lives and works between London and Cologne. The compositional complexity of her artworks reflects the high level of theoretical deepness they arise from. Her “virtual landscapes” are the result of original research combining a vedutismo of an oriental and classical matrix with the aesthetic potential of the latest statistical graphic and modern diagrammatical logic and with an interest – partially stemming from her family’s Iranian origins – in primigenial pre-alphabetical writing forms, particularly in the ancient Mesopotamia cuneiform tradition.
The artist brings together scrupulous historical and philological research with an equally meticulous work method. She draws exclusively free-hand (using only pencil and India ink on paper and canvas, specially smoothed down with abrasive paper) or uses self-made stencils that allow her to repeat indefinitely the same symbol into thick, decorative patterns. This same technical ability can be found in her video-animations where single drawings, modeled by means of sophisticated digital instruments, transform themselves into accurate and poetical tridimensional moving objects.
Lettura di un’onda [Reading a wave] is the title of the exemplary first chapter of Palomar (1983), Italo Calvino’s last novel. Mr. Palomar is “a character in search of harmony in a world full of torments and screeching“. In order to find it, he attempts to describe, with an almost obsessive precision, every single natural or social circumstance attracting his cognitive interest. Mr. Palomar’s personal view of the world, although based on the strict rules of the modern scientific and mathematical method that has inspired and seduced him – even if he is not able or has no wish to handle all its aspects – has mainly lyrical effects. His behavior – here lies the affinity with Katja Davar's proposal – recalls a hybrid dimension in between science and poetry, science and art, characteristic of the Renaissance and Elizabethan age.
As the British historian Frances Yates pointed out, the modern scientific project arose when mathematical disciplines were emancipated from the general culture of the late sixteenth-century and rethought in light of the rising Galilean method, though still permeated by Hermeticism and Neoplatonism, traditionally associated with esotericism, magic and alchemy, occultism, cabala and astrology. Yet without a clear distinction between scientiae and artes, these cognitive practices, as many pioneers of exact sciences argue – among them Descartes in the Discourse on the Method (1637) and Francis Bacon in the Novum organum (1620) – were labeled as curiosae scientiae, a concept that seems to best define both Palomar's literal gesture and Katja Davar's artistic research.
The artist brings together scrupulous historical and philological research with an equally meticulous work method. She draws exclusively free-hand (using only pencil and India ink on paper and canvas, specially smoothed down with abrasive paper) or uses self-made stencils that allow her to repeat indefinitely the same symbol into thick, decorative patterns. This same technical ability can be found in her video-animations where single drawings, modeled by means of sophisticated digital instruments, transform themselves into accurate and poetical tridimensional moving objects.
Lettura di un’onda [Reading a wave] is the title of the exemplary first chapter of Palomar (1983), Italo Calvino’s last novel. Mr. Palomar is “a character in search of harmony in a world full of torments and screeching“. In order to find it, he attempts to describe, with an almost obsessive precision, every single natural or social circumstance attracting his cognitive interest. Mr. Palomar’s personal view of the world, although based on the strict rules of the modern scientific and mathematical method that has inspired and seduced him – even if he is not able or has no wish to handle all its aspects – has mainly lyrical effects. His behavior – here lies the affinity with Katja Davar's proposal – recalls a hybrid dimension in between science and poetry, science and art, characteristic of the Renaissance and Elizabethan age.
As the British historian Frances Yates pointed out, the modern scientific project arose when mathematical disciplines were emancipated from the general culture of the late sixteenth-century and rethought in light of the rising Galilean method, though still permeated by Hermeticism and Neoplatonism, traditionally associated with esotericism, magic and alchemy, occultism, cabala and astrology. Yet without a clear distinction between scientiae and artes, these cognitive practices, as many pioneers of exact sciences argue – among them Descartes in the Discourse on the Method (1637) and Francis Bacon in the Novum organum (1620) – were labeled as curiosae scientiae, a concept that seems to best define both Palomar's literal gesture and Katja Davar's artistic research.
*
* *
Nele
Waldert (Düsseldorf,
1964) lives and works in Düsseldorf. Della
dissimulazione onesta [On Honest Dissimulation] is
her second solo show in Italy. Nele Waldert's artworks consist of
small and medium size sculptures, realized with a variety of
materials. Almost the totality of her work is made directly inside
her atelier, but sometimes (for cooking particular terracottas and
ceramics or for glassblowing) she relies on external laboratories;
she rarely commissions particular productions to expert craftsmen.
The
focus of her research is the attempt, in constant evolution and
perhaps now finally fulfilled, to find the “model” human being,
the standard man: expressionless face; features that reveal neither
age nor geographic provenience; undefined gender. The result is a
peculiar being in between the biblical or neoplatonic hermaphrodite
forefather and the current ordinary man, featureless, globalized,
heir to the sujet
or citoyen
theorized by Enlightenment thinkers. Her quest for neutrality often
renders these subjects slightly unsetting, like aliens or even
alienated people. On the other hand the animal figures are less
offputting since, as the artist herself explains, they are easily
standardized as there is no need to neutralise (meaning both
«eliminating» and «making neutral») any psychological complexity
or individuality.
As
in the archaic Grecian statuary, Nele Waldert's “young men” have
a frontal posture, with their arms alongside the body and an
ineffable smile: like kouroi
but
with no athletic ideal or edifying value. Moreover, while the
so-called «archaic smile» in the kouros
and in the kore
was
probably due to technical difficulties and a lack of interest for
introspection, in the sculptures on show the «archaic smile» is the
conscious outcome of a process that obliterates precisely that need
for truth and inner excavation typical of the following western art
of portrait and history of physiognomy.
Although
situated in odd and absurd situations, Nele Waldert's very personal
kouroi,
thanks
to their expressive ataraxia,
become
unwittingly the best testimonials to the honest
dissimulation.
The later is the attitude to which, in 1641, the Neapolitan writer
Torquato Accetto dedicated his famous treatise, also titling the
exhibition. «Dissimulation
is»,
upon his definition, «an
industry of not showing things as they are. You simulate what it is
not, and dissimulate what it is».
With their calm aplomb, «tolerating,
keeping quiet, waiting»,
the artist's little sculptures do not react because «in
this life you do not always have to show your true heart»
and, thanks to this elegant dissimulation, they draw the sympathy of
each and every viewer.