Enrico Tealdi, Giorni Felici, 2013 (dettaglio) 19 quadri, dimensioni variabili, tecnica mista su carta courtesy l'artista |
Giorni
Felici è
un autoritratto polittico costituito da diciannove quadri di varie
dimensioni. In ciascuno Enrico Tealdi ha racchiuso una propria
fotografia – impressa su carta con una tecnica particolare – e
l'ha resa quasi inaccessibile allo sguardo annerendo la superficie
del vetro. L'autoritratto è quindi una sorta di mosaico oscuro fatto
di tessere idealmente interscambiabili, essendo tutte ugualmente nere
e inintelligibili.
Sul piano estetico l'installazione ricorda la pinacoteca di quadri neri realizzata nel 2005 da Christian Boltanski per Heartbeats, un ritratto corale/autoritratto tuttora in fieri: entrambi gli artisti sembrano suggerire l'impossibilità di rappresentare il proprio essere mediante un'immagine monolitica. Tuttavia, mentre Boltanski coinvolge la collettività mescolandosi a essa, Tealdi esclude qualsiasi reciprocità con il pubblico, presentando il proprio volto con gli occhi chiusi e quasi interamente celato.
Sul piano estetico l'installazione ricorda la pinacoteca di quadri neri realizzata nel 2005 da Christian Boltanski per Heartbeats, un ritratto corale/autoritratto tuttora in fieri: entrambi gli artisti sembrano suggerire l'impossibilità di rappresentare il proprio essere mediante un'immagine monolitica. Tuttavia, mentre Boltanski coinvolge la collettività mescolandosi a essa, Tealdi esclude qualsiasi reciprocità con il pubblico, presentando il proprio volto con gli occhi chiusi e quasi interamente celato.
Enrico Tealdi, Giorni Felici, 2013 (dettaglio) 19 quadri, dimensioni variabili, tecnica mista su carta courtesy l'artista |
Da
un punto di vista puramente compositivo, Tealdi sembra rifarsi alla
tradizione più consolidata, dalla quale però, al contempo, si
discosta con nettezza. Da un lato, infatti, l'opera richiama le
ancóne gotiche con funzione di pale d'altare fiorite soprattutto fra
Tre e Quattrocento, con le quali condivide l'accostamento dei
pannelli, la coordinazione delle tavole sulla base di un progetto
architettonico non casuale, nonché la ripartizione del soggetto in
più cornici, sebbene qui la disposizione geometrica rinunci al
rigore euclideo del passato e ciascuna anconetta eviti di riprodurre
una figura integra o una scena di senso compiuto. Dall'altro, allude
sottilmente al canone del ritratto multiplo, che ha nel
Triplice ritratto di orefice
(1530) di Lorenzo Lotto un vertice ineguagliato.
Tuttavia, sul filo del paradosso, l'opera di Tealdi contraddice la tradizione della ritrattistica, perché frammenta il volto seppellendolo sotto strati di pittura nera. Questa, come un'iconostasi deprivata delle icone, preclude una visione complessiva della rappresentazione, concedendo all'osservatore di coglierne, attraverso minime fenditure e leggere graffiature, soltanto rari lacerti disgiunti.
Enrico Tealdi, Giorni Felici, 2013 19 quadri, dimensioni variabili, tecnica mista su carta courtesy l'artista |
In
questo senso, si comprende perché Giorni
Felici sia
ispirata
all'omonima pièce
teatrale di Samuel Beckett, nella quale Winnie, donna di mezza età,
sotterrata dalla vita in giù, accoglie ogni giorno come «un altro
giorno divino», malgrado l'assurda drammaticità del proprio destino
acarpo. Analogamente alla Winnie beckettiana, infatti, la figura
dell'artista è immersa nella tenebra, quasi a voler attestare in
termini introspettivi la solitudine esistenziale dell'individuo
odierno, ma anche, e forse con una certa malizia, la difficoltà, per
lo spettatore e soprattutto per il critico, di cogliere in tutta la
sua complessità e profondità – se non a tratti e superficialmente
– l'interiorità dell'artista contemporaneo.