Der Blick, der ans eine Schöne sich verliert, ist ein sabbatischer. Er rettet am Gegenstand etwas von der Ruhe seines Schöpfungstages. […] Fast könnte man sagen, daß vom Tempo, der Geduld und Ausdauer des Verweilens beim Einzelnen, Wahrheit selber abhängt.

Lo sguardo che si perde nella bellezza di un singolo oggetto è uno sguardo sabbatico. Esso salva nell'oggetto un po' della quiete del giorno in cui è stato creato. […] Si potrebbe quasi dire che la verità stessa dipende dal contegno, dalla pazienza e assiduità con cui si indugia presso quel singolo oggetto.

Theodor W. Adorno

mercoledì 19 febbraio 2014

«One Dollar». A Contribution to the Critique of Political Economy
di Veronica Liotti e Stefano Franchini

Jefferson Hayman, One Dollar
stampa in gelatina ai sali d'argento, Ed. 25, 19,5x17 cm
Courtesy galleria PH Neutro, Pietrasanta (LU)

(scroll down for English version)

L’opera One Dollar di Jefferson Hayman si può considerare, sotto tutti i punti di vista, un autentico trattato teologico-economico sulla circolarità dialettica innescata dalla differenza costitutiva tra l’oggetto “moneta“ e il concetto “denaro”, dall’invisibile tensione tra valore reale e valore nominale. Un singolo biglietto verde americano, con il suo tipico numero di serie e anno di emissione da parte della Federal Reserve, fuoriesce dalla dimensione puramente economico-politica e viene trasferito nella sfera estetica grazie all’atto della produzione artistica.

La possibilità di rientrare nella sfera dello scambio, in questo caso il mercato dell’arte, è vincolata all’acquisto da parte del collezionista: vi ritorna, appunto, sotto forma di opera d’arte, sebbene (eludendo con eleganza i dettami più spartani della pop art) non come ready-made, ossia come banconota, con il suo irrisorio valore materiale, bensì trasformata a livello ontologico dal medium fotografico (come già rivelano le ridotte dimensioni dell’oggetto) e mutata, grazie alla collocazione miniaturizzata al centro dell’ampia cornice scura, in una sorta di gioiello, di pietra preziosa.

Rappresentazione artistica della rappresentazione economica, One Dollar è quindi una rappresentazione di secondo grado, dotata però, paradossalmente, di un contenuto di realtà maggiore rispetto all’oggetto raffigurato. Qui la finzione artistica, contrariamente al solito, ha addirittura aggiunto realtà e concretezza alla finzione economica, andando a costituire ex novo quel sottostante materiale che a quest'ultima manca (almeno fin dall'abolizione del gold exchange standard). E questo, ai nostri occhi, non rivela tanto la natura divina e creatrice del gesto artistico, quanto piuttosto la palese assurdità della teoria economica dominante e la fragilità del mondo finanziario da essa creato e legittimato.

In generale, infatti, la moneta, specie in forma cartacea e ancor più nella sua recente versione elettronica, continua a essere non solo la finzione religiosa più grandiosa ed efficace della storia umana, avvolta com'è, soprattutto oggi, dai fumi mistici diffusi dai sommi sacerdoti (o forse stregoni) monetaristi, ma è diventata anche e indiscutibilmente la finzione più potente, essendo basata sulla pura fede che un foglietto di carta abbia un valore nominale multiplo rispetto al suo valore reale, senza peraltro nessun sottostante fisico che possa garantirlo. Solo due entità materiali, de facto, offrono simile garanzia: l’autorità armata dell'emittente – super-Stato sovrano riconosciuto da tutta la comunità degli Stati sovrani – e la stessa, mastodontica, indistinta massa monetaria circolante, quella reserve currency creata e progressivamente alimentata dall'eufemistico quantitative “easing”. Un'illogica tautologia, si direbbe, che ha però l'unico e non secondario pregio di funzionare ancora.

Con il suo gesto, semplice ma profondamente metamorfico e implicitamente rivoluzionario, l’artista cancella d’un tratto tutti gli elementi caratteristici dell’oggetto “moneta” e del concetto “denaro”. Limitando la riproduzione di One Dollar a una serie di sole venticinque copie, per esempio, Hayman oblitera la tipica standardizzazione e uniformità delle banconote, ne contraddice l'illimitata creatio ex nihilo in un diluvio di infinite repliche identiche nonché l'universale fungibilità ed equivalenza. E in questo senso l'opera costituisce una seria riflessione sulla categoria dell'individualità.

Fissando poi il lavoro alla parete di una galleria o di un museo in veste di fotografia artistica, assegnandogli un proprietario determinato, rendendolo oggetto di personale contemplazione, l'artista sottrae One Dollar al suo destino di assoluta e superficiale mobilità, salvandolo dallo sradicamento e impedendogli così di sparire in flussi monetari immateriali, caotici, indifferenziati: proprio come farebbe un poeta con le preziose parole di un'antica, nobile lingua, l'inglese, cui sembra toccata in sorte la medesima degradazione spettante alla valuta globale per eccellenza. A tal proposito, One Dollar rivela una malcelata ispirazione soteriologica, che infine ritroviamo anche nella tecnica classica ai sali d'argento adottata per sviluppare l'immagine. Come nella serie fotografica dedicata a New York, Hayman ricrea un'atmosfera d'antan, rievoca un'epoca sicura di sé e ottimista, ma irrimediabilmente trascorsa, quando al significato simbolico del “verdone” erano ancora connesse, nel mondo intero, speranze e attese che ormai la crisi globale, di cui l'America è stata epicentro e detonatore, ha definitivamente spazzato via. Quel One Dollar stampato nel 1995, ma che sembra risalire a parecchi decenni fa, ha già, e manterrà a lungo, l'aspetto di un reperto numismatico, icona e vestigia di un mondo che sta sparendo o che forse, a nostra insaputa, la storia ha già sepolto.

Veronica Liotti e Stefano Franchini


***testo pubblicato in www.artribune.com, 4 marzo 2014***



(English version)

The work One Dollar by Jefferson Hayman can be considered, beyond every point of view, a real theological-economical tractatus upon the dialectical circularity activated by the constitutive difference between “coin” as an object and “money” as a concept, based on the invisible tension between real value and nominal value. A single american greenback, with its typical serial number and year of issue by the Federal Reserve, comes out from the pure economical-political dimension and is transferred into aesthetics thanks to an act of artistic creation. The chance to return to the exchange realm, in this case the art market, is bond by the collector's purchase: it comes back, indeed, under the status of artwork. Although (eluding with elegance the most spartan precepts of pop-art) not as a ready-made, thus a banknote with its paltry material value, but rather ontologically transformed by means of photography (as revealed also by the reduced dimensions of the object) and changed, thanks to the miniaturized collocation inside the wide dark frame, in a sort of jewel, of precious stone.
As artistic representation of the economic representation, One Dollar is therefore a second grade representation although paradoxically provided with a content of reality greater than the portrayed object. Here artistic fiction, unlike usually, has even added reality and concreteness to the economic fiction, establishing ex novo that underlaying asset missing in the latter (at least until the abolition of the gold-exchange standard). This, in our view, does not reveal the divine and creating nature of the artistic act but rather the evident absurdity of the mainstream economic theories and the fragility of the financial world it has created and legitimated.
Actually currency, primarily as banknote made of paper and even more in its recent electronic version, remains, not only the grandest and most efficient religious fiction of human history, infused as it is, especially today, by the mystic fumes spread by the highest monetarist ministers (or maybe wizards), but has also become unquestionably the most powerful fiction because it is based upon the pure faith that a little sheet of paper has a nominal value multiple compared to its own real value, furthermore without any physical object as guarantee. Only two material entities offer de facto such a guarantee: the issuer armed authority – the super Sovereign State recognized by the entire community of Sovereign States – and the same, colossal, featureless circulating monetary mass, that reserve currency created and progressively enhanced by the euphemistic quantitative “easing”. An illogical tautology, one might say, that detains however the only and not secondary virtue of still fulfilling its purpose.
With his act, simple but deeply metamorphic and implicitly revolutionary, the artist suddenly deletes all the distinctive elements of the object “coin” and of the concept “money”. For instance, by limiting the production of One Dollar to a series of only twenty-five copies, Hayman obliterates the typical standardization and uniformity of banknotes and contradicts their unlimited creatio ex nihilo, in a flood of never-ending identical replicas, as well as their universal fungibility and equivalence. In this sense, the artwork constitutes a serious reflection on the category of individuality.
By hanging the work on a wall in a gallery or in a museum as an artistic picture, assigning it a precise owner, making it a personal object of contemplation, the artist takes One dollar away from its destiny of absolute and superficial mobility and saves it from its uprooting thus preventing it from disappearing inside immaterial, chaotic, undifferentiated monetary flows. Just like a poet would do with the precious words of an ancient, noble tongue, such as English, that seems to have had the same degrading fate as the global currency par excellence. In this regard, One Dollar reveals an ill-concealed soteriological inspiration that we finally also rediscover in the classical silver gelatin process adopted to develop the picture. As in the photographic series dedicated to New York, Hayman recreates a d'antan atmosphere. He recalls a self-confident and optimistic era, although irremediably over, in which hopes and wishes, in the entire world, were connected to the symbolic significance of the greenback that the current global crisis, of which the US is the epicenter and the trigger, has definitely swept away. That One Dollar, although only issued in 1995, seems to date back to many years ago and appears, and will do so for long, as numismatic evidence, icon and remain of a fading world that perhaps, unknowingly, history has already buried.
Veronica Liotti and Stefano Franchini
(translated from Italian by Veronica Liotti)


***article published in www.artribune.com, March 4th, 2014***


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