Der Blick, der ans eine Schöne sich verliert, ist ein sabbatischer. Er rettet am Gegenstand etwas von der Ruhe seines Schöpfungstages. […] Fast könnte man sagen, daß vom Tempo, der Geduld und Ausdauer des Verweilens beim Einzelnen, Wahrheit selber abhängt.

Lo sguardo che si perde nella bellezza di un singolo oggetto è uno sguardo sabbatico. Esso salva nell'oggetto un po' della quiete del giorno in cui è stato creato. […] Si potrebbe quasi dire che la verità stessa dipende dal contegno, dalla pazienza e assiduità con cui si indugia presso quel singolo oggetto.

Theodor W. Adorno

venerdì 22 febbraio 2013

Daniele Galliano

prima di tutto la salute, 2012, olio su tela, 40x50 cm
courtesy l’artista


L’arte di Daniele Galliano non sta mai nel mezzo. Non ci sta perché il suo messaggio non è mai neutro e perché difficilmente ci lascia indifferenti, spettatori assorti in una dimensione di pura contemplazione estetica.
La sua ricerca artistica si alimenta della realtà più attuale, della quotidianità più prosaica e scabrosa, senza fronzoli, manierismi o maquillage. Lo sguardo dell’artista è calato in profondità all’interno del mondo reale. Sguardo critico ma non accusatorio che racconta, rinunciando a qualsiasi forma di ricercato lirismo e senza ostentare alcun pathos, storie di ordinaria contemporaneità, per suscitare sempre una riflessione, inevitabilmente di parte e mai di corto respiro concettuale.

I titoli dei lavori, articolati e non banali, sono un primo e semplice indicatore direzionale da cui prendere le mosse per considerazioni più approfondite su costume e malcostume, cultura e subcultura, emergenze ed emarginazioni nella società di oggi. Come uno schiaffo, il messaggio veicolato dalla pittura di Galliano, privo di retorica e di automatismi ideologici, dilegua il torpore apolitico e super partes, l’apatia intellettuale di massa, e costringe a spalancare gli occhi, in un momento di fugace lucidità, su ciò che accade intorno a noi traendone conseguenze a volte tutt’altro che piacevoli. La potenza espressiva però non si limita alle parole, promana soprattutto dalla forza delle immagini. Galliano non ha paura di “pescare nel torbido” e sceglie di immortalare soggetti non convenzionali, sovente addirittura borderline e “scomodi”: spacciatori e uomini di culto, il politico di turno o il semplice “uomo della strada”. Netti contrasti di luce e ombra, colori saturi e non sfumati, contribuiscono a consolidare l’incisività comunicativa di questi scampoli di attualità, contando anche sul vigore della materia pittorica, assai corposa grazie all’impiego di pigmenti poco diluiti.

Come un reporter a caccia di scatti a effetto, Galliano si affida alla “presa diretta”, a un punto di vista frontale in cui i bordi della scena sembrano tagliati fuori di netto dai confini della tela, conferendo così al dipinto quel senso di immediatezza tipico della fotografia. In altri casi invece osserva la scena dall’alto, in ampie vedute panoramiche a volo d’uccello, le quali, da una prospettiva verticale quasi satellitare, ci raffigurano in contesti comuni – sulla spiaggia d’estate, in mezzo al mare, accalcati in discoteca, chini sui banchi – come un esercito di formichine da guardare al «microscopio», secondo una poetica di matrice verista: «Volete metterci un occhio anche voi, a cotesta lente? Voi che guardate la vita dall’altro lato del cannocchiale? Lo spettacolo vi parrà strano, e perciò forse vi divertirà.» (Giovanni Verga, Fantasticheria, 1880). Ci è precluso sapere, tuttavia, a quale precisa altezza o distanza si ponga di volta in volta l’artista, in che misura ricorra allo “zoom”, quanto aderisca fisicamente ed emotivamente ai suoi soggetti, quanto “distacco” insomma ritenga indispensabile tenere.

In queste trasposizioni pittoriche della realtà “nuda e cruda”, che raccontano le consuetudini, le idee e l’aspetto della nostra epoca, sembra quasi di scorgere una riproposizione attualizzata delle istanze tipiche del réalisme ottocentesco, passate tuttavia al setaccio della “fine delle utopie” e private quindi di qualsiasi declinazione ottimistica ed emancipante. Avvizzito lo spirito positivista, fiducioso nei progressi e nei metodi delle tecno-scienze, non resta ormai che la possibilità di una denuncia documentaria, talvolta velata di sottile ironia, per non arrendersi alle brutture della società dei consumi sull’orlo della dissoluzione.

Nell’immagine scelta per la copertina, Galliano descrive un momento marginale dell’attività medica, qui totalmente esente da qualsivoglia traccia di epica professionale o connotazione di valore: un manipolo di dottori discorre nella corsia di un imprecisato ospedale. Da pochi cenni fisionomici intuiamo che non si tratta di imberbi specializzandi alle prime armi, quanto piuttosto di esperti professionisti, brizzolati, dal piglio sicuro. La luce del dipinto e la nostra attenzione si concentrano sulle insegne più evidenti, esteriori e universalmente legittimanti dell’autorità attribuita agli eredi di Ippocrate: i bianchi camici inamidati, in questo caso, a ben vedere, l’unico indizio che consenta di situare la scena. 


***testo pubblicato in GIDM n. 1, vol. 33, marzo 2013***