fiori notturni, 2011, olio su tela, 40x70 cm, courtesy l’artista
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Nella propria ricerca artistica, Andrea Massaioli ha da sempre stabilito un vincolo profondo, intimo, con il mondo della natura e delle energie sottili. Tutte le sue opere sembrano percorse da una forza vitale intensa e ubiqua. Una delicata attenzione per i dettagli combinata a una meticolosa capacità d'osservazione sono gli strumenti essenziali per tradurre sulla superficie pittorica o nella materia scultorea soggetti botanici, animali e umani, così realistici da essere commoventi. Gerani e ficus, farfalle e lumache, corpi femminili e maschili sbocciano onirici e fragili dall'incontro tra naturalità e inconscio. Prendendo in considerazione la sua produzione su carta e su tela, due anime sembrano convivere nell'opera di Massaioli.
A livello tecnico troviamo, da un lato, il disegno scrupoloso e dettagliato, dove matita e acquerello delineano con precisione; dall'altro la pittura, più materica e meno chirurgica, più vaga e astratta, dove le forme emergono imprecise come ricordi. Sul piano tematico, invece, da un lato un indugiare sugli aspetti più istintuali e ferini dell'agire, che riportano l'uomo e la donna a uno stato di natura quasi primordiale, bandendo o ignorando del tutto concetti morali come peccato e proibizione; dall'altro un ritorno alla purezza, all'innocenza dell'infanzia e delle intenzioni, un riavvicinamento al sacro attraverso una simbologia di matrice cristiana, con elementi come il giglio e la colomba, e temi come l’annunciazione e la maternità.
Come Ukiyo-e (immagini del mondo fluttuante) per il nuovo millennio, i suoi disegni e dipinti ritraggono non soltanto natura o paesaggi, ma anche il piacere estetico e sensuale, sacro e profano. L'artista non fugge dal mondo, lo respira e lo trasferisce nei suoi lavori come energia luminosa e illuminante, come pensiero fuori dagli schemi del perbenismo e della censura piccolo-borghesi.
Negli oli su tela notturni, figure scarne ed essenziali spuntano dal blu quasi monocromo come lucciole in un prato d'estate. Solo pochi tratti per definire uno stelo e fiori puntiformi da cui scaturisce luce. Una luce peculiare però, non tecnica o artificiale, né naturale ed esterna al soggetto raffigurato, come potrebbe essere il riflesso del chiarore lunare. La fonte autentica di quel bagliore non è quindi una centrale elettrica né un lume celeste, non piove dall’alto, ma sale dal basso, dalle profondità biologiche: una luce organica dunque, che si genera dall’interno degli esseri, proprio come nelle piccole lampyridae, nelle fascicolazioni nervose o nelle sinapsi cerebrali, alle quali somigliano allusivamente le corolle frattali di questi brillanti boccioli ipervivificati, che si stagliano contro un cielo cupo e denso come alla vigilia di un temporale. Luce intensa, in grado di illuminare l'intera scena del dipinto, e aria densa, silenziosa e palpabile, satura di quella stessa energia potenziale e vibrante presente nei fiori, ma sprigionata dalle forze naturali in procinto di incrinare o addirittura rovesciare la momentanea e precaria quiete del paesaggio. Si percepisce una profonda tensione latente, imprigionata nelle trame della tela, come se la struttura del dipinto si reggesse su fondamenta non solide e statiche, ma liquide e frementi, quasi magmatiche, ancora cariche dell'impeto artistico che l’ha creato.